E’ un film
sull’amore e sulla sua capacità di restituire la vita a chi per un motivo o per
un altro la vita l’ha perduta. Siamo nei primi anni sessanta, in piena guerra
fredda, in un laboratorio scientifico in cui lavorano scienziati e militari. Elisa
è una giovane donna muta, impiegata nella ditta che fa le pulizie nel
laboratorio. Vive da sola in un alloggio posizionato proprio sopra una sala
cinematografica dalla quale filtrano musiche e luci che ammantano la routine mattutina
della ragazza con una patina onirica di felliniana memoria. Un giorno, mentre Elisa
pulisce il gigantesco laboratorio segreto, scopre involontariamente l’esistenza di una
misteriosa creatura anfibia, che viene tenuta incatenata in una grande vasca.
L’aspetto della creatura è spaventoso, una sorta di incrocio fra uomo e rettile
con le zampe palmate, l’indole decisamente aggressiva e feroce. Tuttavia Elisa, che forse a causa del
suo handicap è dotata di una sensibilità particolare, è immediatamente attratta dall’essere
misterioso e giorno dopo giorno, di nascosto da tutti, stabilisce con lui un
contatto che piano piano sfocia in un vero e proprio scambio. Sebbene la storia
non sia particolarmente originale – ci vengono in mente la Bella e la Bestia,
ma anche King Kong e Ann Darrow - il film è di quelli in grado di rapire lo
spettatore e di farlo sognare. Perché, come in ogni favola che si rispetti, la
trama è sostanzialmente secondaria, serve più che altro a far progredire la
narrazione, mentre quello che conta sono i particolari, le atmosfere che
vengono evocate, il modo in cui i personaggi sono tratteggiati.
Guillermo
Del Toro, dopo due film di prim’ordine (“La spina del diavolo” del 2001 e “Il
labirinto del fauno” del 2006), con quest’opera vince il Leone d’oro di Venezia
e ottiene 13 nomination all’Oscar, e la cosa non stupisce. Grazie a scelte
iconografiche raffinate, con forti riferimenti al mondo dei fumetti e della
grafica, le immagini vagamente iperrealiste fanno da scenario all’incontro degli
incontri. Quello tra due creature
diverse, emarginate, due veri e propri freaks – vi ricordate il cult movie di
Tod Browning del 1932 intitolato appunto “Freaks”, ambientato In un circo che ha tra le sue attrazioni
esseri bizzarri e deformi tra i quali nascono relazioni amorose? Elisa, con le sue cicatrici sulla gola, che a
distanza di anni raccontano ancora di quando da bambina le fu strappata la
laringe, e il mostro anfibio, che impara
la lingua dei gesti per amor suo, conquistato dal dolce sapore delle uova sode
con cui lei lo ammansisce, assomigliano ai
protagonisti di tante storie dei nostri giorni. Alle tante, troppe creature che
la nostra società mette da parte come fossero merci fallate – pensiamo ai
disabili a cui vengono destinate sempre meno risorse - o addirittura incatena e
tortura a morte per paura della
diversità che rappresentano – pensiamo ai centri di detenzione libici, tanto
per dirne una - o per carpirne inesistenti segreti scientifici – pensiamo
all’atrocità della vivisezione. Ma siamo al cinema e questa è una favola, non la realtà di tutti i giorni. Così Elisa e il suo mostro, grazie all’amore che hanno saputo riconoscere e suscitare l’uno nell’altra, si salveranno e vivranno felici in un mondo dove, straordinariamente, l’acqua ha una forma, quella della vita che può rinascere.
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