giovedì 8 febbraio 2018
Come un gatto in tangenziale, Riccardo Milani (2017)
Qualche
giorno fa sono andata a vedere “Come un gatto in tangenziale” di Milani, per il
gusto di vedere la coppia d’oro della comicità Albanese-Cortellesi alle prese
con i luoghi comuni del conflitto sociale. Il film è molto divertente, si ride
parecchio e non solo di pancia. L’eterna antinomia tra centro e periferia (lo
“spaventoso” residence Bastogi), tra ricchi che lavorano nei think tank e
poveri che sbarcano il lunario facendo le pulizie, tra il salotto borghese
radical chic e il tinello coatto tirato a lucido, tra l’orrore di quella lingua
di spiaggia fangosa che confina con le piste dell’aeroporto e si chiama niente
meno che Coccia di Morto e lo splendore immoto delle dune di Capalbio, con
tutti gli annessi e connessi di battute e situazioni, fa naturalmente ridere
molto, ma fa anche riflettere. Non tanto alla natura del conflitto tra i due
mondi - che francamente sono altri i luoghi deputati ad affrontare l’argomento
con qualche risultato -, quanto piuttosto all’originalità di questo prodotto
della commedia italiana. Che ovviamente stigmatizza le debolezze dei suoi personaggi
con l’obiettivo di aggiungere un tassello di analisi sociale alla comprensione
del mondo circostante da parte dello spettatore. Ma per far questo, anziché
lavorare sui personaggi, si concentra con profitto sulla funzione del “luogo
comune”. E infatti, il film di Milani gronda luoghi comuni al punto che,
escludendo ragionevolmente che gli sia sfuggita la mano (troppa esperienza,
troppo mestiere, troppa consapevolezza), diventa chiaro come ad essi venga
affidata l’interpretazione della realtà. I luoghi comuni, immediatamente
riconoscibili e comprensibili dal pubblico, proprio per la loro natura “comune”
e non sofisticata, tessono la tela di un moderno canovaccio di commedia
dell’arte. E tirando il filo di quella trama, (ri)conosciuta e condivisa, gli
spettatori osservano dal di fuori ciascuno il proprio mondo di appartenenza e
ne ridono, scoprendone il lato irresistibilmente ridicolo.
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