Roma e il cinema

venerdì 4 marzo 2016

"Lost in translation", Sofia Coppola (2003)



Nel passaggio da una lingua ad un'altra può esserci qualcosa che si perde perché  molto difficile o impossibile da rendere. Quello che va perso, è "lost in translation". Nel film di Sofia Coppola, che vince l’Oscar per la miglior sceneggiatura originale,  l'espressione si riferisce alla difficoltà di comunicare che riguarda i protagonisti: Bob Harris (Bill Murray), un divo della TV americana che si trova a Tokyo per girare lo spot di un whisky, e Charlotte, giovane moglie di un fotografo di successo e molto indaffarato che l’ha portata con sé a Tokyo (interpretata da una strepitosa Scarlett Johansson che all’epoca aveva appena 18 anni). I due alloggiano nello stesso raffinato hotel, soffrono d’insonnia e hanno molte ore da trascorrere in solitudine, aspettando lui il momento delle riprese e lei le brevi apparizioni del marito. Immersi nell’acquario ovattato di un mondo  di cui non riconoscono il linguaggio – siamo in Giappone – Bob e Charlotte non fanno altro che osservare con attenzione e disponibilità tutto ciò che li circonda e in cui si imbattono ogni volta che escono dalle eleganti geometrie delle loro stanze. Ad ingigantire la percezione della solitudine e della difficoltà di comunicare, concorrono le telefonate colme di equivoci e di incomprensioni che Bob scambia con la moglie lontana e le frammentarie, brevissime conversazioni di Charlotte con il marito che non viene mai neppure inquadrato.
Finché un giorno Bob e Charlotte si incontrano. E da quel momento la solitudine e lo straniamento lasciano il posto al piacere di rincontrarsi, di seguirsi con lo sguardo, di ascoltarsi. Diventano amici e forse si innamorano, ma nessuno dei due è disposto a farsi travolgere. Alla fine, dopo un saluto sbagliato in cui disagio e orgoglio prendono il sopravvento, Bob – che è comunque un uomo maturo e più capace di gestire la situazione rispetto alla giovanissima Charlotte – riesce a porre rimedio, dando un nuovo senso a quella che sarà la vita di entrambi da quel momento in poi. E’ struggente la scena finale, in cui lui la riconosce di spalle nella folla, la rincorre e dopo averla raggiunta la abbraccia stretta e le sussurra qualcosa che noi - ahimè - non riusciamo a sentire.” Cosa le avrà detto?”, ci chiediamo.  Perché lei lo abbraccia così forte sporgendosi tutta sulla punta dei suoi minuscoli piedi? E, soprattutto, perché alla fine lui la lascia definitivamente andare e lei si allontana con quel lampo di felicità negli occhi? "Lost in translation", risponde Sofia Coppola: è finita, ma ne sarà comunque valsa la pena.

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