Roma e il cinema

giovedì 11 febbraio 2016

“Il nome del figlio”, Francesca Archibugi (2015)


Quando Francesco Piccolo, co-sceneggiatore insieme alla regista Francesca Archibugi, dichiara che “Il nome del figlio” non è la versione italiana di “Cena tra amici”, dice una cosa vera. Nel senso che il film italiano non è – o almeno non soltanto - la trasposizione del fortunato film francese in un altro contesto geografico e culturale, con attori italiani e battute che attingono alla vis comica del Belpaese. Non si tratta insomma di un remake, come nel caso di “Benvenuti al Sud”, in cui Luca Miniero si limitava a trasferire in territorio italico la trama e i personaggi tutti francesi  di “Giù al Nord”, Dany Boon.  
Al di là delle molte somiglianze, il film dell’Archibugi e quello della coppia Alexandre de La Patélliere e Matthieu Delaporte, non solo non sono uno il remake dell’altro, ma attingono a due universi culturali di riferimento molto diversi: la commedia all’italiana, con la sua morbida ironia screziata di familiari e rassicuranti nostalgie goliardiche da un lato, e la solida tradizione del teatro boulevardier, con la rapinosa velocità dei dialoghi e tutti i tic del caso, dall’altro. Del resto, non è una coincidenza che all’origine vi sia una pièce teatrale – “Le prénom” – firmata proprio dai due registi, che nel 2010 ottengono uno straordinario successo di pubblico.
Tutto questo per dire che “Il nome del figlio” è un’opera autonoma, che come ogni opera nasce da qualcosa, ma poi cresce indipendentemente da ciò a cui le radici avrebbero potuto destinarla a prima vista. E’ un film aggraziato, ben scritto e ben girato, con un quintetto di attori ben assortiti che si muovono con pastosa e intensa leggerezza.

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